Onorevoli Colleghi! - La diversificazione in atto fra le diverse tipologie di lavoro ha da tempo messo in crisi l'impostazione tradizionale, incentrata sul rapporto di lavoro subordinato.
      Nei confronti della miriade di forme di attività espresse dall'attuale organizzazione economica si è intervenuti fino ad ora con adattamenti parziali, in particolare prevedendo rapporti di lavoro detti «atipici», cioè regolati diversamente, di solito con minori tutele rispetto a quelle tradizionali, con maggiore flessibilità e con minori costi, specie previdenziali (tipico il cosiddetto «lavoro parasubordinato»).
      Questi adattamenti sono risultati efficaci sul piano occupazionale, ma è ora urgente fare un passo ulteriore, pena il rischio che prendano piede tendenze destabilizzanti sia sul piano della conformazione del rapporto di lavoro e dei diritti che in esso si devono radicare, sia perché i rapporti atipici sono affiancati da istituti di sicurezza sociale assolutamente frammentari e incerti. Essi quindi sono soggetti ad una corrosione surrettizia e non controllata delle tutele, che punta poi anche ad altri rapporti e che può pericolosamente destrutturare il mercato del lavoro.
      Scopo della presente iniziativa è dunque quello di dotare tutte le forme di lavoro di un quadro generale di princìpi e di diritti che corrisponda, senza alcun regresso, al nuovo mondo del lavoro, che esige che il lavoro sia maggiormente e permanentemente qualificato, capace di far fronte alle sfide di una concorrenza interna e internazionale che si gioca soprattutto sul terreno dell'innovazione e della qualità.

I princìpi generali.

      La proposta di legge si ispira ai seguenti princìpi:

          a) ridefinizione lungo una scala continua delle diversificate forme di lavoro

 

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oggi esistenti, partendo da una protezione di base comune a tutti i tipi di lavoro, per procedere poi gradualmente verso normative e tutele differenziate e ulteriori;

          b) valorizzazione in ciascuna di queste forme del capitale umano del Paese, riconoscendo un ruolo centrale alla formazione, lungo tutto l'arco della vita lavorativa;

          c) riordinamento delle tutele facenti capo oggi ai cosiddetti «ammortizzatori sociali» in funzione delle nuove caratteristiche del mercato del lavoro.

      Al di sopra delle regole fondamentali che dovranno valere per tutti, la modulazione si dovrà realizzare in modo a sua volta diversificato, sia quanto alle materie, sia quanto alle fonti; cioè non solo in via legislativa, ma anche attraverso il chiaro riconoscimento del valore dell'autonomia collettiva, nonché, per certi aspetti e per gruppi di soggetti in grado di farlo, anche attraverso la contrattazione individuale. Essa, inoltre, dovrà essere orientata da un principio guida, che in prima approssimazione può individuarsi nel «principio di proporzionalità» delle regole al bisogno di tutela e di regolazione desumibile dall'articolo 35, primo comma, della Costituzione («La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni»).
      Nel suo insieme, la nuova disciplina dovrà riferirsi oltre che al tradizionale lavoro subordinato, in tutte le sue articolazioni tipologiche, anche a tutte quelle forme di lavoro che in sede europea si è preso a definire «lavoro economicamente dipendente»
      Si tratta di una formula più pregnante e meno equivoca del nostro «lavoro parasubordinato», e che richiama una ratio di tutela parzialmente diversa da quella tipica del lavoro subordinato, esprimibile in termini di diretta rilevanza del dato della sottoprotezione socio-economica del lavoratore, non mediata, cioè, dall'assoggettamento personale che è connaturato al lavoro subordinato. Residua inoltre, nella logica dei «diritti fondamentali», e più ancora in quella della protezione sul mercato del lavoro, un rilevante spazio di tutela anche con riferimento al lavoro autonomo stricto sensu e libero professionale: qui l'obiettivo non è quello di ingessare forme di espressione della libertà individuale finora gelosamente garantite, ma, al contrario, quello di dotare tutti i lavoratori, oltre che di elementari diritti di civiltà, di un nucleo di diritti sociali azionabili soprattutto nei confronti delle istituzioni del mercato del lavoro.

La formazione professionale continua e le politiche attive del lavoro.

      Si può ormai ritenere acquisita l'idea che, per migliorare le performance occupazionali del nostro Paese, non solo occorra migliorare il livello di preparazione di base dei giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, ma sia altresì necessario fare della formazione continua una risorsa, volta a consentire l'aggiornamento per l'intero arco della vita del personale già occupato contro i rischi di obsolescenza professionale connessi alle fasi di mutamento organizzativo, e comunque a favorire il riorientamento, la diversificazione professionale, la crescita e il miglioramento continuo delle competenze professionali.
      Pertanto, oltre al diritto di ciascuno di accedere a percorsi di istruzione superiore o di formazione professionale iniziale o di apprendistato ai fini del conseguimento di un idoneo titolo di studio o di un certificato formativo o di una qualifica professionale, si deve garantire anche un diritto alla formazione per l'intero arco della vita mirante ad assicurare continuità alla traiettoria lavorativa dell'individuo nelle fasi di transizione, di perdita dell'impiego, di sospensione o di interruzione dell'attività lavorativa.
      Esso costituisce parimenti sia un investimento dell'individuo sia un interesse della collettività.
      Ciò comporta:

          a) il diritto di accesso gratuito alle informazioni riguardanti le offerte di lavoro

 

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e formative a livello territoriale, nazionale ed europeo, e a servizi per l'impiego capaci di sostenere efficacemente e tempestivamente la ricerca di lavoro, contrastando in via preventiva soprattutto la disoccupazione dei soggetti più deboli nel mercato del lavoro (giovani, donne, lavoratori anziani, soggetti svantaggiati o a rischio di esclusione sociale) e quella di lunga durata;

          b) il diritto all'apprendimento, alla formazione e al miglioramento professionale durante tutta la vita lavorativa, prevedendosi a tal fine anche idonee forme di sostegno economico all'investimento individuale e collettivo in formazione;

          c) il diritto di scelta di percorsi formativi anche liberamente scelti ovvero concordati nell'ambito di accordi aziendali o territoriali da realizzare attraverso l'utilizzo di congedi e articolazioni flessibili dell'orario di lavoro;

          d) il diritto di veder certificati i percorsi formativi realizzati e i risultati conseguiti;

          e) il diritto alla promozione di misure e di modalità formative specifiche atte ad assicurare pari opportunità alle donne, soprattutto in funzione della conciliazione con i compiti familiari e con le altre attività di cura delle persone;

          f) il diritto delle rappresentanze dei lavoratori all'informazione e alla consultazione periodica a tutti i livelli, anche territoriali, per prevenire fenomeni di obsolescenza professionale e squilibri di genere nella composizione della forza lavoro.

Gli ammortizzatori sociali.

      In un mercato del lavoro in cui la mobilità lavorativa si caratterizza ormai come un aspetto fisiologico e non come un'evenienza eccezionale e traumatica, non si può continuare a concepire gli ammortizzatori sociali esclusivamente in funzione di eventi a carattere eccezionale.
      Ciò richiede che il funzionamento dei nuovi ammortizzatori sia strettamente integrato con i servizi per l'impiego e con la formazione continua in modo da realizzare una tutela attiva della continuità del reddito, che abbia caratteristiche di adeguatezza, temporaneità, economicità, finalizzazione al mantenimento e al miglioramento della capacità professionale e alla rioccupazione produttiva.
      Quest'area di tutela risulta, peraltro, coperta dalla proposta di legge atto Camera n. 105 recante «Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del lavoro e del reddito», e dunque la presente proposta di legge si limita ad affermare in linea di principio il diritto alla tutela attiva della continuità del reddito in caso di disoccupazione involontaria, secondo i criteri sopra richiamati, e, in particolare, il diritto dei lavoratori economicamente dipendenti a mezzi adeguati alla soddisfazione di esigenze socialmente rilevanti in relazione ai periodi di discontinuità del lavoro.
      Su queste aree fondamentali (formazione professionale continua e politiche attive nel lavoro; ammortizzatori sociali) la rimodulazione va definita legislativamente (e attuata nella pratica applicativa) tenendo conto anche delle nuove competenze regionali in materia di lavoro.

Lo schema dell'articolato.

      La proposta di legge incrocia i contenuti sopra sinteticamente richiamati (diritti generali del mondo del lavoro; diritti nel mercato del lavoro; diritti di protezione sociale), con un'articolazione degli ambiti di applicazione delle norme che rifiuta il metodo della differenziazione per fattispecie (lavoro autonomo, lavoro libero-professionale, lavoro coordinato, lavoro subordinato, lavori subordinati cosiddetti «atipici», speciali eccetera), e che mira più semplicemente a individuare, di volta in volta, l'ambito di operatività più adatto allo specifico contenuto normativo: ciò allo

 

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scopo di evitare fenomeni di scollamento tra i bisogni effettivi di tutela delle diverse tipologie di lavoratori e la disciplina normativa, ove questa consegua automaticamente alla stretta articolazione delle fattispecie e dunque sfugga al controllo effettivo del legislatore.
      La proposta di legge - che si apre con l'articolo 1 (capo I) che individua i princìpi generali, in sintonia con quanto stabilito nella Carta dei diritti sociali fondamentali di Nizza - si compone di altri quattro capi, i capi II, III e IV, omogenei e tendenzialmente strutturati per cerchi concentrici, realizzando così quel modello regolativo «modulare» che costituisce il primo dei princìpi inizialmente richiamati, e il capo V, contenente alcune disposizioni specifiche, attuative di princìpi generali stabiliti nei precedenti capi, oltre a disposizioni sanzionatorie e finali.
      Il capo II riguarda le normative di base tendenzialmente applicabili a tutte le forme di lavoro, con le limitazioni di volta in volta espressamente indicate, e restando impregiudicate le norme più favorevoli stabilite per i lavoratori economicamente dipendenti e subordinati:

          a) diritti fondamentali con valenza interprivata: dignità personale e libera manifestazione del pensiero (articolo 3), intangibilità della sfera personale (articolo 4), tutela contro le molestie sessuali (articolo 5), tutela contro i comportamenti persecutori (articolo 6), non discriminazione (articolo 7), salute e sicurezza sul lavoro (articolo 8);

          b) diritti azionabili sul mercato del lavoro: assistenza nella ricerca e nel reperimento effettivo di una «buona occupazione», attraverso efficaci servizi per l'impiego e idonei incentivi all'occupazione (articoli 9 e 10); apprendimento sia nella fase di transizione dalla scuola al lavoro sia nel corso della vita attiva, in rapporto alle caratteristiche dell'attività svolta e anche al fine di favorire la mobilità professionale (articolo 10). In particolare, all'obiettivo della «piena e buona occupazione» sono destinate le misure analiticamente individuate nell'articolo 37, che si attiene al principio della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. Quanto al diritto alla formazione permanente e continua, se ne prevede la promozione attraverso il sostegno, anche finanziario, alla costituzione di fondi mutualistici o bilaterali paritetici contrattuali, nonché mediante il beneficio fiscale della deduzione dal reddito da lavoro dei costi sostenuti per la partecipazione ad attività formative scolastiche o di formazione professionale presso istituti abilitati al rilascio di titoli di studio legali o presso istituti di formazione professionale pubblici e privati accreditati;

          c) il diritto alla sospensione dell'attività lavorativa e a forme adeguate di sostegno, anche economico, in caso di infortunio, di malattia, di gravidanza, di maternità e paternità, di cura e di assistenza di familiari, di formazione continua e permanente, nonché alla conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro (articolo 11);

          d) il diritto a un equo compenso (articolo 12) e a un equo trattamento pensionistico, nonché a una volontaria pensione complementare (articolo 13). Il diritto all'equo compenso, essendo qui riferito anche a lavoratori non dipendenti (nemmeno economicamente), non è assoluto, essendo riconosciuto solo in presenza di una causa onerosa del contratto. In materia di previdenza complementare, si stabiliscono due importanti princìpi: quello di non discriminazione e quello per cui la disciplina della previdenza complementare non deve in alcun modo ostacolare la mobilità professionale. Si prevedono, infine, il sostegno e l'incentivazione di fondi mutualistici per l'erogazione di prestazioni assistenziali e di sostegno del reddito, in relazione a periodi di discontinuità del lavoro autonomo o delle attività delle piccole imprese;

          e) una tutela minima della continuità del rapporto (preavviso in caso di recesso da un contratto di durata indeterminata) (articolo 14);

          f) diritti sindacali di base (articoli 15 e 16).

 

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      Il capo III è dedicato ai lavoratori economicamente dipendenti. Esso mira a disegnare una disciplina del lavoro «coordinato», costruita sull'attribuzione di alcuni diritti ulteriori, che integrano quelli del capo II, ma senza puntare alla pura e semplice omologazione con i lavoratori subordinati. Peraltro, si segnala la volontà di contrasto dell'uso improprio di questa tipologia di rapporti di lavoro quale lavoro subordinato mascherato (articolo 17, comma 3).
      In particolare si tratta di:

          a) definizione dei contenuti del contratto e obbligo della sua comunicazione (articolo 18);

          b) un compenso equo, determinato in base agli accordi e contratti collettivi applicabili o comunque in uso per prestazioni analoghe o comparabili, o, in mancanza, determinato dal giudice (articolo 19);

          c) diritto a congrui periodi di sospensione dell'attività, giornalieri, settimanali e annuali (articolo 20);

          d) diritto di astenersi dalla prestazione, percependo, laddove previsto, il compenso o un'indennità previdenziale nella misura e per la durata stabilite dalla legge, nei casi previsti, in generale, dall'articolo 10 (articolo 21);

          e) diritti di informazione, in particolare attinenti alle modificazioni degli elementi del contratto (articolo 22);

          f) tutela specifica in materia di salute e sicurezza sul lavoro (articolo 23), prevedendosi che a tali lavoratori, qualora inseriti nell'ambiente di lavoro organizzato dal committente, si applichino le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e precisandosi, opportunamente, che le disposizioni legislative tengano conto delle caratteristiche delle prestazioni lavorative, adottando, ove necessario, misure funzionalmente equivalenti, anche se non identiche a quelle adottate con riferimento ai lavoratori subordinati;

          g) diritti di sicurezza sociale, ivi compresi il diritto alla previdenza complementare e il diritto a mezzi adeguati alla soddisfazione di esigenze socialmente rilevanti in relazione ai periodi di discontinuità del lavoro (articolo 24): qui valendo il rinvio alla citata proposta di legge atto Camera n. 105;

          h) diritto (derogabile pattiziamente) di prestare l'opera a favore di più committenti, salvo il diritto di riservatezza (articolo 25);

          i) diritti per apporti originali e per le invenzioni (articolo 26);

          l) tutela risarcitoria in caso di recesso ingiustificato (articolo 27), distinguendo i contratti di breve durata (fino a dodici mesi), per i quali è ammesso solo il recesso per giusta causa senza preavviso, da quelli di durata superiore, per i quali è possibile anche il recesso per giustificato motivo con preavviso;

          m) diritti di organizzazione e di attività sindacale e diritto di sciopero (articoli 28 e 29).

      Il capo IV, ferma restando l'intangibilità della disciplina vigente e in particolare del cosiddetto «Statuto dei diritti dei lavoratori», di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, comprende norme che integrano e migliorano, con riferimento ai soli lavoratori subordinati, quelle del capo II in materia di:

          a) diritti di informazione e forme partecipative secondo le direttive europee (articolo 31);

          b) diritto alla formazione continua e permanente (articolo 32);

          c) tutela attiva del reddito in caso di disoccupazione (articolo 33): anche qui valendo il rinvio alla citata proposta di legge atto Camera n. 105;

          d) sostegno della previdenza complementare.

      Infine, il capo V (Disposizioni finali) contiene un articolo dedicato al sostegno e all'incentivazione della composizione stragiudiziale delle liti di lavoro (articolo 35); due articoli recanti disposizioni attuative e di dettaglio in materia di tutela della

 

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salute e della sicurezza dei lavoratori (articolo 36), e incentivi all'occupazione (articolo 37). La proposta di legge si chiude con due articoli recanti norme sanzionatorie (articoli 38 e 39), con un articolo recante norme sulla vigilanza (articolo 40), con un articolo recante una procedura di verifica biennale, con le parti sociali, degli effetti delle disposizioni concernenti le procedure di composizione stragiudiziale delle controversie, la salute e la sicurezza dei lavoratori, gli incentivi all'occupazione (articolo 41) e con l'articolo 42 recante la copertura finanziaria.
 

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